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Trento, 28 aprile 2013
«Un piano-edilizia: case piÙ “verdi” lavoro alle imprese
Grandi opere addio mancano i soldi per farle partire
Roberto Bombarda: servono linee di sviluppo più coerenti con il nostro territorio. Viabilità, miglioriamo l’esistente

dal Trentino di domenica 28 aprile 2013

Grandi opere addio, mancano i soldi. Con il drastico calo delle risorse pubbliche sono divenute irrealizzabili alcune delle opere più sbandierate dall’amministrazione provinciale negli ultimi anni. Prima fra tutti, l’interramento della ferrovia. Al quale nemmeno Renzo Piano aveva creduto, tanto che - come sottolineava qualche giorno fa il professor Renato Bocchi - aveva previsto sottopassi pedonali sotto la linea ferrata. Stessa sorte per la Val, che sarà sostituita dalla Trento - Malè. E poi l’inceneritore, dato per certo a lungo, fino a far infuriare i cittadini organizzati in Comitato, autori di numerose proteste. “Bruciata” anche la ventilata funivia a cremagliera per la zona di Povo.

E il progetto Metroland?
Defunto anche quello. Mancano i fondi. La crisi, come una cartina di tornasole, ha imposto lo stop a progetti faraonici e il ripensamento che nasce dalle loro ceneri, secondo Roberto Bombarda, è un'opportunità che il Trentino può cogliere. Bombarda, che non ricandiderà a ottobre, parla senza i condizionamenti dettati dalla campagna elettorale. E vede soprattutto un accanimento «contro un progetto che è già morto, come Metroland. Con 4 miliardi di costi, è stato sepolto dalla crisi».

Se Metroland è naufragato, quale può essere la soluzione alternativa?
Il collegamento ferroviario tra l'asta dell'Adige e l'Alto Garda è un'idea sacrosanta e opportuna, che peraltro non scopriamo adesso. Ci avevano già pensato gli austriaci. Vanno invece ammodernate linee esistenti, come quella della Valsugana e quella della valle del Noce, a servizio delle valli di Non e di Sole, piuttosto che inseguire megaprogetti ad alta velocità che sono stati abbandonati da altri paesi europei. Più che grandi opere, dovremmo fare un grande piano di manutenzione dell'esistente. E non solo per quanto riguarda la mobilità.

Sarebbe a dire?
Bisogna investire sul costruito, sulle abitazioni civili edificate tra gli anni '40 e i '70, una parte molto consistente del patrimonio immobiliare trentino, che ha grossi problemi di efficienza energetica. Ciò permetterebbe risparmi energetici di lungo termine, ma ha anche un importante risvolto ambientale. L'intervento può interessare anche il patrimonio immobiliare pubblico e può essere scomposto in tanti interventi di piccoli importi, in modo che l'appalto non finisca in mano a qualche colosso europeo, ma si riversi sulle imprese locali, dando così una prospettiva di ripresa anche all'edilizia. C'è anche un piano di infrastrutture viarie già avviato. Va senza dubbio completato. Mancano le varianti per alcune importanti località turistiche, penso al collegamento Riva del Garda-Rovereto, ma di fianco a queste opere va migliorato il patrimonio trentino pubblico e incentivando interventi su quello privato, riqualificando le periferie urbane.

Pensa soprattutto ai grandi centri?
Trento, Rovereto. Ma anche ai centri storici delle valli, che si stanno svuotando. Milioni di metri cubi abbandonati, come in Bassa Rendena. L'Itea potrebbe recuperare queste case abbandonate, ripopolando i centri storici dei paesi e dando al tempo stesso opportunità di mettere su casa a tante giovani coppie. Bisogna investire sulla qualità della vita e di questo territorio, sono gli elementi che ci distinguono dal resto dell'Italia. La nostra linea di sviluppo naturale è quella del modello alpino, ancora di più in una prospettiva turistica. Dobbiamo investire in un'agricoltura sempre più coerente con le vocazioni del nostro territorio, che salvaguardi il paesaggio e l'economia locale, oltre ad alimentare e rendere più competitiva l'offerta turistica. Il Trentino non è omogeneo, ogni valle ha la sua peculiarità, che va coltivata con attenzione alla qualità. Dobbiamo fare attenzione a fare scelte reversibili, per non tornare a costruire cattedrali nel deserto, come è successo talvolta quando le risorse pubbliche erano molto maggiori.

Le nuove tecnologie possono aiutare in questo percorso?
Offrono possibilità di portare servizi e qualità anche nelle valli più periferiche e permettono di essere competitivi nel mercato globalizzato anche ai territori cosiddetti marginali. Non solo dal punto di vista turistico. Ma non dobbiamo perdere quel mix produttivo, fatto di industria, artigianato, agricoltura, turismo e cooperazione, che ha mitigato gli scossoni della crisi internazionale. Un punto di forza è l'apertura internazionale: il nostro naturale sbocco è la Germania, l'area d'influenza tedesca sta nella nostra storia e nella nostra geografia. Con il tempo potremo guardare ai paesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina). Inoltre bisogna investire sul privato, e includo l'associazionismo, perché in futuro l'ente pubblico avrà un peso minore. Saremo più forti, solidali e competitivi a seconda di quanto valorizzeremo le ricchezze della società civile, il cosiddetto “capitale sociale”. Attenzione alle scelte senza ritorno, ammoniva prima.

Si riferiva ad alcuni investimenti recenti?
Nel settore turistico abbiamo assistito a grossolani errori negli ultimi 10 o 15 anni, ma possiamo correggere la rotta e modificare gli errori. La crisi può avere un effetto benefico perché ci costringe a spendere meglio le nostre risorse. Un esempio può essere la vicenda dell'inceneritore: alla fine non si farà, ma grazie a questa scelta determinata dal bilancio siamo diventati molto virtuosi nella raccolta differenziata, con percentuali elevatissime che ci mettono a livello dei migliori in Europa. Il tipico complesso del trentino medio ha due facce. O si risolve nell'illusione di essere un'isola felice in cui ogni scelta è di eccellenza assoluta, anche quando le cose non stanno proprio così, oppure con una critica radicale che mina alla base qualsiasi proposta. Non dobbiamo guardarci l'ombelico e pensare sempre di essere i migliori, dobbiamo imparare molto dagli altri popoli alpini, come l’Austria o la Germania, soprattutto sullo sviluppo sostenibile, ma non siamo nemmeno gli ultimi della classe. Anzi, su alcune cose abbiamo lavorato bene, come sulla gestione delle acque e delle foreste, che ci vedono con parametri ottimi. Ma serve impegno e coerenza da parte di tutti per migliorare. Soprattutto serve una linea di sviluppo più coerente con il nostro territorio.

 

     

Roberto Bombarda

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